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Valtellina, terra di vino e di luce

“Terra di silenzi e di sentimenti alterni. Terra di vino e di luce. Di cornici naturali. Di cattedrali immense a toccare il cielo. Per vedere tutto questo basta sfogliare il libro di Raffaella, dove un sottobosco incantato sembra prendere forma non appena i fasci di luce oltrepassano l’intricato soffitto di foglie e viticci.

E’ l’attimo in cui un habitat sotterraneo si svela come il cuore pulsante della Valtellina, concedendosi ad una messa a fuoco nitida e ravvicinata, ad una fotografia che si ferma ad osservare, con uno sguardo femminile  e curioso, ogni suo piccolo elemento, considerandolo come parte imprescindibile e imperdibile di un mondo ricco di cultura e tradizione.

Raffaella Badalotti, autrice di queste immagini, sceglie di descrivere la Valtellina, penetrandone i sentieri più nascosti, alle radici della terra, concentrandosi sull’elemento alla base della sua storia. La terra del vino, che si estende lungo il bacino idrico del fiume Adda a monte del Lago di Como, inizia così il suo racconto, con un omaggio alla vigna secolare, per evocarne i sapori e gli odori in immagini di poetica evocazione. 

Quella di Raffaella è una dichiarazione di stile, la forma si allontana dal significato illustrativo e l’immagine diventa l’espressione del sentimento e dello stato d’animo di chi fotografa. Eppure l’idea ispiratrice non abbandona mai l’elemento reale da cui prende vita e si traduce in immagini forti, dove il dettaglio e l’elemento naturale spiccano sul fondo di una luce brillante, apparendo in ritratti espressivi ed incisivi, chiari e riconoscibili. Il paesaggio, la vite, il vino e le tradizioni della Valtellina rivivono, in questo modo, nell’immaginario visivo dell’autrice che ne trasmette l’intensità ed il carattere, come il riflesso di un pensiero.

L’astrazione si traduce in punto di vista e percezione di una fotografa che interpreta il mondo, reinventandone la forma e la luce.

Penso, allora, che il fil rouge tematico e formale, negli scatti di Raffaella Badalotti, possa legittimamente ricondursi alla tradizione della straight photography, i cui celebri protagonisti hanno riconosciuto e legittimato la fotografia come filtro interpretativo tra realtà e impressione personale: queste immagine cariche di phatos e poesia raccontano la storia di un territorio come matrice ispirante di una visione artistica personale.

Proprio nell’ottica dell’interpretazione e di un’intima percezione visiva, dunque, lo sguardo di Raffaella si lascia sedurre dai raggi di sole che filtrano nei vigneti illuminandone i chicchi carichi di succo, mentre i colori sgargianti e le calde tonalità violacee e rossicce spiccano dalla terra rigogliosa ad esaltare le sinuose linee e le palpitanti venature dei suoi frutti. Sono figure sferiche, a spirali che s’intersecano e linee che s’inseguono e si estendono fino ad abbracciare l’intera valle, nel suo regolare e infinito ricamo di filari di vite e muretti a secco.

In questo senso, le immagini di Raffella Badalotti esprimono la possibilità di andare oltre la fedele rappresentazione del soggetto, per esaltarne l’immenso valore suggestivo e sensoriale. Il punto di vista, sempre interno e profondo, mantiene riconoscibile il dato reale di partenza, modellandolo sulle intuizioni percettive dell’autrice che nello scatto finale sembra fermare il tempo sulle atmosfera poetiche dei suoi pensieri.

Ciò accade non solo nella sequenza di close up su soggetti naturali ma si estende, in termini di stile e approccio al mezzo fotografico, alla vastità del paesaggio valtellinese, cogliendone il ritmo dolce e sinuoso delle strade e dei vigneti terrazzati.

In queste immagini, la lenta e costante opera dell’uomo realizzata nel corso dei secoli sui pendii della terra rocciosa sembra aleggiare sull’ordinata sequenza di pietre e vigne, nel ricordo di un antico legame, che vive e si rinnova nell’amore per la natura ed i suoi frutti.

Il tema della memoria incrocia allora la ricerca e l’interesse sul territorio e le sue tradizioni, lì dove sia l’esplorazione dei paesaggi naturali che la conoscenza dei luoghi di lavoro e di interazione sociale, conducono alla definizione di un’iconografia che rielabora i simboli della Valtellina, in una visione che lascia spazio alla rievocazione ed al ricordo.

In questa audace ricognizione e rielaborazione artistica e cognitiva, il vino si scopre come il simbolo indiscusso del forte legame di appartenenza e condivisione con una terra che, seppur in origine aspra e selvaggia, ha saputo restituire all’uomo identità, cultura e prosperità.

L’elemento culturale rappresenta, infatti, la chiave di lettura di questa sequenza di immagini, esaltato e riscoperto da una prospettiva inedita: il punto di partenza è sempre nella natura e nella tradizione, mentre il dato storico e quello documentario influenzano lo sguardo di Raffaella nella scelta dei soggetti.

L’attenzione è presto catturata dai processi produttivi e dal paesaggio antropizzato che inducono l’autrice ad una ricerca quasi etnografica. I segni del passato incontrano l’immagine presente nell’attualità della vita che scorre in Valtellina, oggi come secoli fa, con i ritmi della terra e della vendemmia.

Gli scatti di Raffaella Badalotti ricordano che le fotografie possono raccontare le nostre radici e le nostre vite, scandendone le fasi evolutive attraverso l’interpretazione del tempo e dello spazio in cui si realizzano.

Esse esprimono le relazioni che l’uomo stabilisce con il mondo, sul doppio registro dell’interpretazione e della storia, fino ad entrare nella memoria collettiva di un territorio congelando momenti, volti e contesti ben precisi. In questo percorso di conoscenza ed interazione tra interno ed esterno, la dimensione percettiva non abbandona mai la produzione delle immagini fotografiche, e restituisce l’immobilità apparente del tempo attraverso le inclinazioni e le scelte estetiche di chi si ferma ad osservare il mondo dietro l’obiettivo di una fotocamera.

“Il fotografo è l’essere contemporaneo per eccellenza; attraverso i suoi occhi l’oggi diventa passato”.

Berenice Abbot sintetizza in questa frase il concetto di “romanticismo istantaneo del presente”, per cui il fotografo non è soltanto colui che registra il passato, ma colui che lo inventa e lo fa proprio per restituirlo alla collettività come traccia visibile. Memoria storica e prospettiva presente sono, infatti, i temi centrali che coinvolgono da sempre la riflessione sulla fotografia, dallo sguardo che l’ha percepita al possesso fisico della sua riproduzione.

Sfogliando le immagini di Raffaella tali considerazioni si fanno presto intuitive, ed emergono chiare e visibili dalle atmosfere e dai soggetti che raccontano.

Ecco allora che le valli e i luoghi entrano nella narrazione del territorio valtellinese come in un album di famiglia, dove le fotografie colgono sì gli elementi che ne caratterizzano la cultura e la tradizione, ma nella definizione di una mappatura mentale, di impressioni e suggestioni personali.

L’illusione è quella di osservare il tempo che si ferma nell’istante di una fotografia, mentre la sequenza delle immagini percorre un viaggio a ritroso nella memoria di un presente ancora vivo.

Lungo i muri pietrosi della Valtellina l’obiettivo dell’autrice ci conduce nelle cantine dove i fusti e le botti conservano il vino, lì dove la fertilità della terra, da secoli, concede ai suoi abitanti il bene più prezioso.

E’ il racconto del rapporto tra l’uomo e il suo territorio, ambiente e sapienza agricola che si rinnova con il fugace passaggio del tempo, scandito in immagini che cristallizzano il ricordo e restituiscono esattamente ciò che è stato, anche quando anni sono passati, trascinando con sé luoghi e persone in immagini equivalenti di una sensazione o di un’idea”.



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